giovedì 8 maggio 2008

hallo spaceboy

Manolo Benvenuti, 2006, portacd

Oggi nella sezione ‘Spettacoli’ di molti quotidiani toccava ai Coldplay. Da Repubblica al Manifesto, passando per il trafiletto del Corriere delle Sera, è stato tutto un lodare e celebrare Martin & Co. per il loro ‘Viva la Vida or Death and All His Friends. A ragione? Non so, ho ascoltato – come tutti - 'Violet Hill', e mi piace l’attitudine, mi piace l’ingresso della chitarra, l’uscita dal ritornello, mi piace Martin che canta a miglia di distanza dalla pur vicinissima sezione ritmica. Uno spaesamento coinvolgente. Luoghi già visti, certo, ma che è bello rivedere. Soprattutto se il contraltare è la caramellosa signora Ciccone ed i suoi baci saffici. Violet Hill è trascinante. Eppure qualcosa la paralizza, la cristallizza. Sotto la superficie sembra muoversi in tutt’altra dimensione qualcos’altro, uno sfondo quasi impercettibile. Che sublima i Coldplay, li traduce in altre zone.
Difficile aspettarsi qualcosa di diverso da Brian ‘re Mida’ Eno. Ciò che produce diventa la patina elettrica che non riesci a toglierti di dosso. Talking Heads, U2, Bowie, Laurie Anderson, Paul Simon. O meglio: Remain in Light, The Joshua Tree, Achtung Baby, Heroes, 1.Outside, Bright Red, Surprise. Meglio spegnere il cervello e chiudere gli occhi.
Su 'Spare Rib', 1974, Eno scriveva recensendo il suo ‘Here Come the Warm Jets’: ‘I concetti che più mi interessano sono quelli che si rivolgono al mio intuito e restano un mistero per il mio intelletto […] mi piace lavorare con strutture semplici, perché sono trasparenti; paragonabili forse alla quadrettatura di un foglio di carta millimetrata che serve come contenitore, punto di riferimento, sistema per quella che è l’informazione davvero importante'.
Blank Brian.

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